Non rappresenta una semplice raccolta di poesie e disegni, ma un affascinante dialogo a distanza tra due artisti, un intreccio di parole e immagini ispirato dall’intimo rapporto tra due amici.
L’idea, nata dal desiderio del padre di riportare alla luce gli scritti del figlio – scomparso in una grigia sera di settembre del 1998 – da oltre dieci anni nascosti in libretti ormai pieni di polvere, in fogli sparsi chiusi in cassetti quasi dimenticati; rivela un percorso creativo, un segmento di vita che coinvolge ed emoziona.
Ne risulta uno splendido ricordo, un diario diventato un libro, un testo introspettivo nel quale Pablo rivela i suoi più intimi pensieri.
A far da sfondo ai testi del giovane poeta e musicista bresciano – membro e leader negli anni novanta, insieme ad Ernesto Folli e Roberto Rassega (Billi), de “I Bambini dell’Asilo”, una delle più belle e promettenti realtà musicali dell’ambiente indie italiano dell’epoca – sono i disegni di un altro artista difficilmente etichettabile in schemi preconfezionati.
Ininterpretabile da concetti razionali, l’arte di Mario Cappa si concede e si rivela come un momento inaspettato, illogico, a tratti provocatorio.
È un’emozione che colpisce per la sua complessa semplicità, la cui essenza si nasconde nell’istinto e nella sperimentazione, nella ricerca di un qualcosa che va oltre.
Forse è proprio questa la chiave di volta per cercare di capire l’intreccio tra le poesie di Pablo Bacchetti e le raffigurazioni di Mario Cappa: necessario è dimenticarsi la strada del senso e provare ad assaporare sulla lingua parole ed immagini, gustarne il suono e, senza porsi domande, lasciarsi trasportate dai tratti nervosi della matita del pittore, come fossero irrazionali veicoli emotivi.